A partire dal 13 maggio 2019 si sono susseguite molte segnalazioni da parte dell’Istituto Superiore della Sanità di casi di epatite colestatica acuta associata all’assunzione di integratori a base di curcuma.
Il Ministero della Salute, per oltre un mese dai primi ricoveri, si è limitato a disporre il richiamo o il ritiro di questi prodotti e, in via precauzionale, ha raccomandato di sospendere il consumo degli integratori oggetto di segnalazione. Non è stato quindi chiaro se i ricoveri fossero dovuti alla formulazione dei prodotti, a contaminazioni o alla suscettibilità delle persone colpite agli effetti collaterali della curcuma.
Soltanto il 26 luglio, dopo 21 casi di epatite, 19 prodotti segnalati dal Ministero, e 14 richiami di integratori a scopo precauzionale da parte delle aziende, sono state pubblicate la Nota Ministeriale 26 luglio 2019, n. 50147 ed il Decreto Ministeriale 26 luglio 2019.
Nella Nota si indica come, in seguito alle valutazioni di un gruppo di esperti appositamente istituito e della Sezione dietetica e nutrizione del Comitato tecnico per la nutrizione e sanità animale, i casi di epatite siano “da ricondurre a particolari condizioni di suscettibilità individuale, di alterazioni preesistenti, anche latenti, della funzione epato-biliare, di calcolosi delle vie biliari o anche alla concomitante assunzione di farmaci”. Sulla base di queste valutazioni si è deciso di sconsigliare l’uso di integratori contenenti estratti e preparati di curcuma a consumatori con problemi epatobiliari, e comunque, di invitare i consumatori a sentire il parere del medico per evitare pericolose interazioni con farmaci.
In seguito a queste analisi, essendo stata accertata l’assenza di contaminazioni, molti richiami sono stati revocati.
Il DM 26 luglio 2019, poi, interviene a modificare l’allegato 1 del Dm 10 agosto 2018 (sull’impiego di sostanze e preparati vegetali negli integratori alimentari), stabilendo l’obbligo di introdurre nell’etichetta dei prodotti derivati da piante del genere Curcuma la seguente avvertenza supplementare: “in caso di alterazioni della funzione epatica, biliare o di calcolosi delle vie biliari, l’uso del prodotto è sconsigliato. Se si stanno assumendo farmaci, è opportuno sentire il parere del medico”.
Il Decreto, infine, invita le imprese interessate a conformare le etichette nei termini previsti dallo stesso, cioè non oltre il 31 dicembre 2019.
Il nuovo regolamento 1831/2019 introduce una sezione dedicata alla comunicazione del rischio, nella quale sono stabiliti i principi generali e gli obiettivi della stessa.
Al fine di esaminare le novità introdotte dal regolamento UE 1381/2019, è necessario far riferimento al regolamento CE 178/2002, testo fondamentale del diritto alimentare UE. Esso, come noto, pone alla base della legislazione alimentare l’analisi del rischio, definendola come un processo costituito da tre fasi connesse tra loro: la valutazione, la gestione e la comunicazione del rischio. Il regolamento 1381/2019, che si applicherà a partire dal 27 marzo 2021, apporta alcune modifiche al regolamento 178/2002, nell’ottica di garantire trasparenza e sostenibilità dell’analisi del rischio. Uno studio svolto dalla Commissione sull’adeguatezza della legislazione alimentare generale ha dimostrato che la comunicazione del rischio in materia alimentare è considerata poco efficace dall’opinione pubblica e i consumatori nutrono scarsa fiducia nei confronti dei risultati del processo di analisi del rischio.
Il nuovo regolamento introduce una sezione dedicata alla comunicazione del rischio, nella quale sono stabiliti i principi generali e gli obiettivi della stessa. Ciò che emerge è la rilevanza di un’informazione più chiara, accessibile e basata su risultanze scientifiche solide. È inoltre istituito un piano generale della comunicazione del rischio, che definisce i meccanismi di coordinamento e cooperazione tra i responsabili della valutazione del rischio e i responsabili della gestione del rischio. Tra le altre novità, si segnalano quelle riguardanti la partecipazione attiva dei consumatori e delle imprese alimentari al processo di analisi del rischio, e quelle sulla struttura ed organizzazione interna dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), le quali introducono requisiti di nomina e di selezione dei membri del consiglio di amministrazione al fine di garantire competenza, esperienza e multidisciplinarità.
Respinto il ricorso presentato da varie associazioni per annullare l’obbligo di indicazione dell’origine del latte.
Il T.A.R. Lazio ha respinto il ricorso amministrativo proposto da varie associazioni di categoria, le quali chiedevano l’annullamento della disciplina nazionale che impone l’indicazione in etichetta dell’origine del latte e dei prodotti lattiero caseari, costituita dal decreto interministeriale 9 dicembre 2016, dal d.m. del MIPAAF n. 990, come modificato dal d.m. n. 1076 del MIPAAF, e dalle successive Linee guida del 13 aprile 2017 e del 26 maggio 2017.
Secondo le ricorrenti, dette norme avrebbero provocato una situazione di incertezza normativa e di grave pregiudizio economico per gli operatori del settore, in quanto contrastanti con gli imballaggi che erano già stati predisposti ed ordinati dalle aziende sulla base delle disposizioni dettate dal decreto del 9 dicembre 2017 e dalla circolare interministeriale del febbraio 2017. La sentenza ha integralmente rigettato il ricorso e ha, pertanto, confermato la legittimità e la vigenza della attuale normativa nazionale sull’origine del latte e dei prodotti lattiero caseari.
Durante gli ultimi anni è stato molto acceso il dibattito sull’applicabilità dei cc.dd. “decreti origine” (latte, pasta, riso, pomodoro), tutti nati dalla discussa volontà di fornire tutela ai prodotti tipicamente made in Italy. Al di là del dibattito, la sentenza, per ora, conferma l’applicabilità quantomeno del decreto su latte e prodotti caseari fino al 1° aprile 2020, data in cui entrerà in vigore il reg. (UE) n. 775/2018, recante norme sull’indicazione del paese di origine o del luogo di provenienza dell’ingrediente primario di un alimento.
CoFood era presente al Gulf International Congress tenutosi a Dubai dall’8 al 10 dicembre scorso, congresso annuale organizzato dalla Camera di Commercio Italiana negli Emirati Arabi Uniti e che riunisce i professionisti consulenti che rappresentano la Camera in tutto il territorio italiano.
In rappresentanza di CoFood l’Avv. Andrea Iurato, il quale ha ricevuto la nomina di representative della Camera per la Provincia di Bologna. L’Avv. Iurato, socio fondatore e consulente di CoFood, è già representative della Italian Chamber in the Caribbean.
Si aggiunge così un’altra opportunità a disposizione dei clienti di CoFood che vogliano esportare i propri prodotti negli Emirati Arabi Uniti, Paese che sta scalando tutte le classifiche mondiali, dove la domanda di beni di consumo di qualità è in costante crescita e che è già ora rappresenta – e lo farà sempre più – la principale porta per l’accesso ai mercati orientali.
Nel futuro, le opportunità per le aziende che vogliano investire nel mercato degli EAU sono destinate a crescere: Dubai ospiterà infatti l’Expo 2020, che promette un record di visitatori e un ulteriore e rilevante aumento della domanda di consumo interno, soprattutto nel settore alberghiero e della ristorazione.
Pur riservando enormi opportunità agli investitori, il mercato emiratino ha maturato una elevatissima competitività ed è inoltre caratterizzato da un ordinamento giuridico e da prassi commerciali che per molteplici aspetti sono ben diversi da quelli di molti altri mercati.
Per questi motivi un’azienda italiana che voglia collocare con successo i propri prodotti negli EAU non può avventurarsi alla cieca, ma deve fornirsi di un progetto strutturato di ingresso nel mercato che consideri attentamente:
Grazie alle competenze multidisciplinari dei consulenti CoFood e alla diretta collaborazione con la Camera di Commercio Italiana negli EAU i clienti di CoFood saranno guidati nell’elaborare un progetto di internazionalizzazione solido e vincente e saranno seguiti durante tutto il periodo di commercializzazione, nei rapporti con i partner e con le autorità locali.
La fase preparatoria all’ingresso nel mercato vede una preliminare valutazione dei prodotti e del profilo aziendale, al fine di verificare la domanda interna e la sostenibilità del progetto.
In caso di valutazione positiva sarà avviata la vera e propria missione, attraverso la quale il nostro cliente, ad un prezzo certo e contenuto e senza necessità di sostenere i costi per la presenza di propri rappresentanti negli EAU, potrà presentare i propri prodotti alle fiere di settore e usufruire di un rappresentante commerciale che avrà il compito di ricercare, selezionare e contattare i partner locali.
Vorresti far crescere l’export della tua azienda e valutare se il mercato degli EAU rappresenta un’opportunità per il tuo business? Scrivi a info@cofood.it o contatta il tuo professionista CoFood di fiducia.
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