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La normativa europea in materia di etichettatura alimentare – rappresentata dal reg UE n. 1169/2011 – prevede che, se un alimento in cui un componente o un ingrediente che i consumatori presumono sia normalmente utilizzato o naturalmente presente è stato sostituito con un diverso componente o ingrediente, quest’ultimo debba essere indicato in etichetta, in prossimità della denominazione del prodotto.

La vicenda

Il 1° dicembre 2022, la Corte di Giustizia Europea, nella causa C-595/2, si è pronunciata su una questione pregiudiziale sollevata dal Bayerisches Verwaltungsgericht Ansbach, il Tribunale amministrativo bavarese di Ansbach, in Germania, adito a sua volta da una società che aveva subito il divieto di commercializzazione di un proprio prodotto alimentare da parte dell’autorità di controllo locale.

Nel caso di specie, alla società è stata vietata la vendita di un salame di tacchino di propria produzione contenente grasso di palma e olio di colza in sostituzione del grasso animale, in quanto privo dell’indicazione di tali ingredienti sostitutivi in prossimità della denominazione commercialeBiFi The Original Turkey») che compare sul fronte dell’imballaggio, mediante caratteri la cui parte mediana sia pari ad almeno il 75% di quelli utilizzati per tale denominazione e comunque di dimensioni non inferiori a quelle previste dall’articolo 13, paragrafo 2, del regolamento n. 1169/2011.

Tale requisito, al quale si è accennato sopra, è previsto dal combinato disposto dell’articolo 17, paragrafo 5, e dell’allegato VI, parte A, punto 4, del regolamento n. 1169/2011, più precisamente dall’espressione «denominazione del prodotto» contenuta in quest’ultima disposizione.

Secondo l’autorità competente, «denominazione del prodotto» non avrebbe lo stesso significato di «denominazione dell’alimento», e includerebbe perciò le nozioni di «denominazione protetta come proprietà intellettuale», «marchio di fabbrica» o «denominazione di fantasia», di cui all’articolo 17, par. 4 del Reg. 1169/2011, facendo scattare l’obbligo di indicazione della dicitura «con grasso di palma e olio di colza», in prossimità della denominazione commerciale.

Per ottenere l’annullamento di tale decisione, la società ha presentato ricorso al Tribunale amministrativo bavarese di Ansbach, giudice del rinvio, sostenendo che le espressioni «denominazione del prodotto» e «denominazione dell’alimento» hanno lo stesso significato, e di aver quindi rispettato i requisiti di etichettatura tramite l’indicazione degli ingredienti sostitutivi nella denominazione «salamino di pollo con grasso di palma e olio di colza», posta sul retro della confezione.

Il giudice del rinvio, rilevata la necessità di ottenere un’interpretazione dell’espressione «denominazione del prodotto», menzionata all’allegato VI, parte A, punto 4, del regolamento n. 1169/2011, ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre la questione alla Corte di Giustizia europea.

La decisione della Corte

Secondo La Corte di Giustizia, alla luce della definizione di «alimento» fornita dal reg 178/2002 («qualsiasi sostanza o prodotto trasformato, parzialmente trasformato o non trasformato, destinato ad essere ingerito, o di cui si prevede ragionevolmente che possa essere ingerito, da esseri umani») l’espressione «denominazione del prodotto» può avere soltanto il significato di «denominazione dell’alimento», essendo la differenza di natura soltanto terminologica.

Inoltre, l’allegato VI parte A, punto 4, del regolamento n. 1169/2011, sull’obbligo di dichiarazione degli ingredienti sostitutivi, è rubricato «Denominazione degli alimenti e indicazioni specifiche che la accompagnano». Il termine «la» si riferisce manifestamente alla denominazione dell’alimento, pertanto nulla indica che tale obbligo possa estendersi anche alla «denominazione protetta come proprietà intellettuale», al «marchio di fabbrica» o alla «denominazione di fantasia».

In base a quanto rilevato, il combinato disposto dell’art 17, par. 1, 4 e 5, e dell’all. VI, parte A, punto 4, del reg. n. 1169/2011 deve essere interpretato nel senso che l’espressione «denominazione del prodotto», contenuta nell’allegato VI, parte A, punto 4, non ha un significato autonomo, diverso da quello dell’espressione «denominazione dell’alimento» di cui all’articolo 17, par. 1, di tale regolamento.

La Corte di Giustizia, pertanto, ha ritenuto conforme l’etichettatura del prodotto formulata, in cui l’indicazione degli ingredienti sostitutivi accompagna la denominazione posta sul retro della confezione.

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