Sei buoni motivi, uno per zampa, per non prendere sottogamba la questione degli insetti come alimento o mangime
Poco prima di iniziare a scrivere questo articolo ho letto l’ennesima vignetta sugli insetti: Linus dice a Lucy “Sento le farfalle nello stomaco” e lei risponde “è la farina di insetti che hai mangiato ieri”.
Non sono sicuro della paternità, ovvero se è frutto dei fumettisti del mondo di Snoopy o è un meme che si perde nelle centinaia di modifiche dei social e giunto a me nella versione Linus e Lucy, ma sicuramente è l’ennesima sulla questione insetti come alimento. Pure Sorbillo è entrato in questo gioco e si è divertito a fare un bel video in cui prepara una pizza con la farina di grillo e infine concludere con un eroico “Una porcheria”. La pizza è salva!
Adoro la satira e la goliardia ma sono un Tecnologo alimentare e sono costretto a vedere la questione con interesse scientifico e, soprattutto, con visione sistemica.
Ci sono sei punti fondamentali, uno per zampa, su cui far riflettere relativamente l’utilizzo di insetti come alimento.
Quanto sono diffusi come alimento gli insetti nel mondo?
I ricercatori dell’Università di Wageningen [1] si sono giustamente chiesti quante persone utilizzano gli insetti nella loro alimentazione. Il dato più famoso parla di 2 miliardi di persone, poco oltre del 25% della popolazione mondiale attuale. La stessa FAO cita questi valori, ma è anche vero che, pur raccogliendo informazioni da oltre 245 Paesi, non ha disposizione alcun dato sul consumo reale, sulla produzione o sul commercio di insetti.
Quindi? Non entrerò nel dettaglio dell’articolo, che invito comunque a leggere (nelle note il link per scaricarlo), ma riassumo i concetti chiave per fare un minimo di chiarezza sull’argomento.
È comune associare il consumo di insetti con Cina e India, che da sole rappresentano circa il 35% della popolazione mondiale. In realtà, in questi Paesi non vi sono dati affidabili sul loro consumo e questo varia secondo le zone, le culture e le popolazioni specifiche. I dati disponibili per il continente africano offrono un quadro molto variegato, in base all’origine dell’informazione, ovvero dello stato, si passa da valori del 10 fino all’80%.
È interessante notare che in Nigeria l’alimentazione degli insetti è considerata tradizionale o povera ed oggi è totalmente o parzialmente sostituita da abitudini occidentali. L’altro continente dove si può considerare il consumo di insetti è l’America, ma solo la parte latina, dove alcune popolazioni indigene, non oltre il 10% della popolazione totale, si nutrono anche con insetti.
I ricercatori di Wageningen affermano che elaborare una stima esatta è alquanto pretestuoso per la scarsità dei dati a disposizione, dai quali, invece, si può concludere che il valore di 2 miliardi di persone è potenzialmente sovrastimato, a fronte di un più probabile valore di diverse centinaia di milioni di persone.
Sostenibilità
Che siano mercati ricchi o poveri, il fattore comune è il continuo aumento della domanda di proteine. Da un lato si assiste ad una crescita degli alimenti funzionali e ad alto tenore proteico, dall’altro si deve tener conto del fabbisogno di proteine (e non solo) dovuto al previsto aumento della popolazione tra il 2030 e il 2050. Il tema della food security, ovvero della disponibilità di risorse alimentari per la popolazione, sarà sempre più determinante e dovrà, giocoforza, equilibrarsi con le sfide della sostenibilità ambientale. Se il sistema alimentare mondiale attuale è un modello sofferente per il pianeta, è folle pensare che lo stesso potrà essere utilizzato quando e se dovrà sfamare 10 miliardi di persone nel 2050.
Centinaia di pubblicazioni hanno chiaramente dimostrato come gli insetti rappresentino una fonte di proteine e grassi più efficiente rispetto agli altri animali tradizionalmente allevati. A parità di sostanza nutritiva prodotta (proteine, lipidi calcio, ferro e zinco in particolar modo) consumano quantità estremamente inferiori di acqua e suolo, producono quantità infinitesimali di gas serra rispetto alle produzioni zootecniche di animali superiori, ed infine non entrano in competizione con l’uomo per il consumo di risorse vegetali.
Quest’ultimo aspetto perché gli insetti possono essere allevati con i “residui” dell’alimentazione umana, fino al possibile ruolo nel riutilizzo e/o degradazione dei rifiuti. Alcune specie di insetto sono in grado di convertire oltre il 90% dell’alimento ingerito in biomassa corporea risultando due volte più efficienti del pollo, almeno quattro volte più del maiale, e 12 volte più dei bovini. Altre specie, particolarmente ricche in lipidi possono essere utilizzate per la produzione di biocombustibili.
Aldilà delle politiche di vicinato e di mercati agricoli locali, una società di ampio respiro, e con visione globale, potrà definirsi responsabile e custode del nostro pianeta Terra se sarà capace di andare oltre la paura e i capricci, e coraggiosa nel prendere in seria considerazione l’utilizzazione degli insetti come alimento e mangime.
È un alimento, ovvero una matrice complessa, quindi opportunità molteplici
L’alimento è una matrice complessa. Ad oggi la conoscenza alimentare e nutrizionale sugli insetti è relativamente acerba, si è quindi dinanzi ad un oceano da scoprire dalle infinite possibilità sia in campo alimentare che medico. Molte delle conoscenze delle scienze biologiche, chimiche, farmaceutiche e mediche derivano da studi sugli alimenti. A questo si aggiungano tutti gli aspetti agronomici e tecnologici degli alimenti. Nel nome della ricerca continua, dello spirito di scoperta e innovazione che ha sempre spinto la storia dell’uomo, gli insetti rappresentano un terreno meraviglioso e fertile.
Gli insetti come alimento e mangime sono un dovere da ricercare, un diritto per il futuro.
Materia prima per mangimi
Molti boomers over 40 ricorderanno la crisi della Mucca Pazza, un evento spartiacque nella gestione della sicurezza alimentare in Europa. Molte cose buone sono state fatte, alcune con fretta e approssimazione populista tipica della scarsa politica senza visione. Tra queste, a mio avviso la più grave, annovero quella per cui degli animali onnivori ex natura sono diventati erbivori ex lege. Se da un lato era corretto vietare le farine animali per i bovini e gli altri erbivori, la scelta di estendere tale divieto a galline, polli e maiali è stata aberrante. Questi animali sono onnivori per natura, i primi si nutrono naturalmente, ad esempio, di insetti; la fame e la fama dei maiali non necessitano ulteriori spiegazioni. Una delle drammatiche conseguenze di quella scelta è stata la diffusione delle colture proteiche, ad altissimo consumo di suolo.
Non connesso alla Mucca Pazza, ma comunque altamente problematico, è l’impoverimento delle risorse ittiche marine. L’acquacoltura può salvaguardare la biodiversità marina ma in molti casi essa richiede risorse alimentari marine non indifferenti.
Perché parlare di questi aspetti in un articolo in cui si parla di insetti? Per quanto già detto. Questi rappresentano fonti proteiche che possono egregiamente sostituire le colture proteiche, dall’altissimo consumo di suolo, e le materie prime ittiche destinate all’acquacoltura. Oggi, tra i principali motivi del loro non utilizzo vi è certamente il prezzo, ampiamente superiore alle attuali commodities proteiche; è innegabile che senza visione e investimenti mirati questa tendenza non potrà mai essere invertita.
Soprattutto l’Europa dovrebbe evitare di perdere tempo celandosi dietro ad elefantiache procedure da novel food o analisi del rischio EFSA style. Quando l’offerta e la domanda saranno adeguati e il prezzo delle farine proteiche da insetto sarà competitivo, è molto probabile che non lo sarà a causa di produzioni europee; a quel punto il nostro continente passerà dall’essere dipendente dalle Americhe e Asia per le proteine vegetali, ad essere dipendente dagli stessi, però, per le proteine da insetto.
Urge una visione politica e sistemica che sappia utilizzare le enormi risorse non competitive per l’alimentazione umana, e dal basso valore nutrizionale (pollina, scarti dei mangimi, residui vegetali), in sistemi e tecniche di allevamento per insetti; questi dovrebbero poi essere utilizzati come materia prima per la produzione di proteine e altri ingredienti ad alto valore nutrizionale e incredibilmente sostenibili. Un sistema di economia circolare che recuperi materie prime di scarto e le faccia diventare risorse alimentari di valore tramite gli insetti. Il futuro potrebbe riservarci cooperative nel settore zootecnico operanti nella raccolta di scarti del loro stesso settore da impiegare in centri di allevamento insetti e produzione di loro derivati.
Lavoro
Ogni novità crea opportunità di lavoro. Anche gli insetti non potranno essere da meno. I sistemi di allevamento degli insetti richiedono parecchia manodopera per la gestione delle colonie e una maggiore diffusione di questi allevamenti sarà un indotto per nuovi potenziali servizi tecnologici, impianti, software e logistica. Nuove opportunità di lavoro, inoltre, richiedono nuove esigenze formative e culturali; ovvero nuova linfa e sviluppo per le istituzioni pubbliche e private della formazione, quindi servizi connessi come, ad esempio, l’editoria.
Tradizione e innovazione
E infine l’aspetto che più mi sta a cuore, forse per il mestiere che faccio, sempre teso tra tradizione e innovazione. Questi due elementi sono imprescindibili, non esiste la prima senza la seconda, l’innovazione necessita della tradizione per andare oltre. Quando si proclama la difesa del Made in Italy arroccandosi in posizione conservative e protezionistiche si commette un grave errore strategico, finanche di cultura e di sapienza. L’Italia agroalimentare deve le sue tradizioni alle innovazioni che grazie a fattori sociali ed economici, anche di livello internazionale, si sono potute affermare e consolidare fino a perder memoria dell’innovazione alla base. Si potrebbe dire che la tradizione è un’innovazione che ha perso la memoria, un adulto che non può ricordare il suo primo anno di vita.
Gli insetti hanno un nome, tutti noi abbiamo un nome, qualsiasi cosa ha un nome. Il nome può essere un dono d’amore alla nascita, può esserti dato dopo un rito di iniziazione, possono dartelo per gioco, puoi assegnartelo. In qualsiasi caso è denso di significati. Quando mesi fa un Ministero italiano si diede il nome “…e della Sovranità Alimentare” sono state fatte delle scelte, forse non pienamente comprese dai cittadini e dalla stessa politica.
Oggi vedo uno di quei frutti: la proposta di ghettizzare gli alimenti a base di insetti con etichette che dichiarino origine e i rischi connessi al consumo, e si pensa anche a scaffali ad hoc. Aldilà del classico ever green della politica italiana sull’origine e un drastico “no comment” sui presunti rischi per la salute, quale è il senso di questa scelta se non l’eterna campagna elettorale? Quale sarebbe la visione e l’obiettivo concreto per l’ambiente, l’alimentazione e l’economia? Infine, questi decreti saranno realmente applicabili e non in contrasto con le norme europee? Stay tuned, torneremo sull’argomento.
Facciamo tutta l’ironia possibile ma chi di dovere, leggasi Politici e Imprenditori, abbia il coraggio di fare altro dalla satira e guardare oltre. Gli insetti come alimento e mangime hanno molteplici potenziali risorse ed enormi pregi sul versante sostenibilità, si candidano prepotentemente come alimento e mangime del futuro prossimo…e magari anche nella pizza, una versione funzionale e proteica…però buona, mi raccomando!
Marco Battaglia
[1] A. van Huis, A. Halloran, J. Van Itterbeeck, H. Klunder and P. Vantomme. How many people on our planet eat insects: 2 bilion? Journal of Insects as Food and Feed, 2022, Wageningen Academic Publishers.