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Gli ioni nitrato e nitrito sono diffusi nell’ambiente e si trovano naturalmente negli alimenti vegetali (verdure) e nell’acqua. I nitrati sono instabili in condizioni acide e quindi si decompongono spontaneamente in nitriti e biossido di azoto. Pertanto, i nitriti derivanti dal metabolismo dei nitrati e quelli forniti con il cibo, possono inoltre reagire nel tratto gastrointestinale con i precursori dei composti N-nitrosi (come ammine e ammidi) e provocare la formazione di composti N-nitrosi.

La reazione dei nitriti con le ammine secondarie è considerata particolarmente pericolosa perché porta alla formazione di nitrosammine cancerogene. Le ammine primarie con i nitriti formano solo nitrosammine instabili, che vengono immediatamente degradate ad alcool e azoto, mentre le ammine terziarie non reagiscono con i nitriti. Si stima che la nitrosazione endogena porti alla formazione di circa il 65% dell’esposizione umana totale ai nitroso-composti.

Inoltre, il basso pH nello stomaco e la presenza di ferro (soprattutto come eme proteico) sono fattori che potenziano il processo di nitrosazione. Invece la vitamina C ed E sono considerati inibitori di questo processo per la loro attività scavenger sui radicali liberi.

Stress ossidativo e danno biologico

Lo stress ossidativo/nitrosativo dovuto all’aumento del contenuto di forme reattive ossigeno/azoto è riconosciuto a sua volta come una caratteristica preminente di molte malattie acute e croniche. Le specie reattive dell’azoto (RNS) includono ossido nitrico, biossido di azoto e perossinitrito. Reagendo con le proteine, il perossinitrito può formare nitrotirosina, un marker tipico dello stress nitrosativo. Livelli aumentati di nitrotirosina sono stati ritrovati a una varietà di malattie della pelle (psoriasi, lupus sistemico, orticaria, dermatite atopica ed anche alcuni tumori cutanei). A parte il materiale genetico, le proteine ​​sono tra i principali bersagli per le RNS.

Essi possono modificarne la struttura fisica, con conseguenze funzionali tra cui l’inibizione delle attività enzimatiche, una maggiore suscettibilità all’aggregazione, alla proteolisi e una differente immunogenicità. L’effetto dei nitrati e dei nitriti nella dieta è associato al rischio di tumori. Nitrati e nitriti non sono di per sé cancerogeni; tuttavia, hanno il potenziale (durante il la lavorazione del cibo o il processo digestivo) per reagire con altri composti chimici di origine alimentare per formare agenti cancerogeni.

Tuttavia, i risultati pubblicati di studi sull’uomo sulla relazione tra nitrati e assunzione di nitriti e rischio di cancro sono incoerenti. Da un lato, ci sono molte prove di una connessione tra nitrati e assunzione di nitriti e un rischio relativo più elevato di cancro gastrico, carcinoma a cellule renali, glioma cerebrale, carcinoma del colon-retto, esofageo e tiroideo. D’altra parte, una recente meta-analisi di studi epidemiologici ha indicato una debole associazione tra nitrati alimentari e rischio di cancro, mentre nel caso dei nitriti alimentari la dipendenza era più evidente.

L’analisi delle pubblicazioni suggerisce un’associazione tra l’assunzione di nitrati nella dieta e la riduzione del cancro gastrico, mentre il consumo di nitriti e N-nitrosammine aumenta tale rischio. Giustificano questo fenomeno con il fatto che i nitrati alimentari erano forniti principalmente dalle verdure e qualsiasi effetto protettivo può riflettere altri composti protettivi e non i nitrati. Ribadisce altresì ciò che la scienza consiglia da tempo per la nostra salute: avere un’alimentazione varia, con un introito moderato di carne e derivati e ricca di prodotti vegetali freschi.

Uso dei nitriti per trattare la carne

Nitrati/nitriti possono essere utilizzati anche come additivi negli alimenti di origine animale. Nitriti (nitrito di sodio—E249, nitrito di potassio—E250) e nitrati (nitrato di sodio—E251, nitrato di potassio—E252) sono autorizzati come additivi alimentari nell’Unione Europea ai sensi del Regolamento 1129/2011. Sono utilizzati negli alimenti per stabilizzare carne e formaggio lavorati. La quantità di nitrito consentita per l’uso nella carne lavorata è attualmente di 150 mg/kg, ad eccezione dei prodotti a base di carne sterilizzati per i quali il limite è di 100 mg/kg. L’aggiunta di nitrato di sodio è consentita solo nella carne cruda, nella quantità massima di 150 mg/Kg. I nitriti possono essere presenti anche nei prodotti lattiero-caseari di origine esogena.

La concentrazione massima di nitrito consentita nel regolamento per i formaggi è di 150 mg/kg. L’assunzione di nitrati con il cibo è associata ad alcuni rischi per la salute. Quando questi composti vengono consumati, circa il 60-70% viene facilmente assorbito ed escreto rapidamente nelle urine. L’industria della carne utilizza nitrati/nitriti come additivi nel processo di stagionatura della carne durante il quale la formazione di ossido nitrico dai nitriti è un prerequisito per le reazioni. 

Gli effetti dei nitriti/nitrati nei salumi sono legati all’effetto positivo di esaltazione del colore, allo sviluppo del sapore tipico dei salumi, al ruolo antimicrobico e all’effetto antiossidante. L’effetto antimicrobico del nitrito è correlato all’inibizione degli enzimi metabolici dei batteri, alla limitazione dell’assorbimento di ossigeno e alla rottura del gradiente protonico.

Il nitrito è anche noto per sopprimere la crescita delle spore di Clostridium botulinum. La riduzione degli additivi alimentari, in particolare dei nitrati, come previsto dai consumatori è una delle difficoltà più importanti che l’industria della carne deve affrontare. Per l’aumento della consapevolezza in campo alimentare, i consumatori preferiscono gli additivi naturali invece dei prodotti sintetici a causa dei rischi per la salute correlati ai nitrosocomposti. Pertanto, negli ultimi anni sono aumentati gli studi sulla riduzione o eliminazione di nitriti o nitrati e l’uso di composti naturali come alternative. Pertanto, i produttori di alcune carni lavorate hanno iniziato a utilizzare fonti “naturali” di nitrati, come il succo di sedano o l’estratto di barbabietola o spinaci.

a cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica; e del Dr. Danilo Ciciulla, Tecnologo alimentare e Auditor.

Pubblicazioni scientifiche

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