Dopo
mesi di attesa e dopo che alcune bozze erano già circolate, sono state
pubblicate lo scorso 31 gennaio le linee guida della Commissione UE
sull’applicazione del regolamento di esecuzione UE n. 2018/775 che impone
l’indicazione dell’origine dell’ingrediente primario di un alimento nel caso in
cui essa sia diversa dall’origine dell’alimento stesso, se dichiarata su base
volontaria.
Come
noto, gli obblighi stabiliti dal regolamento saranno applicabili (e
sanzionabili) a partire dal 1° aprile 2020.
Le
linee guida erano molto attese da imprese e addetti del settore a causa della
sterminata varietà di casi che si presentano quotidianamente agli occhi di
operatori, consulenti e controllori e giungono in un periodo particolarmente
caldo, quantomeno in Italia, a causa della confusione ingenerata nel settore
dal sovrapporsi di regole (e annunci di regole) europee e italiane e dalla
recente e clamorosa attività dell’AGCM, i cui recenti provvedimenti (casi Lidl
Italia, De Cecco, Divella e altri) lasciano più di un dubbio sulla
compatibilità tra l’orientamento dell’Autorità e le regole in procinto di
divenire obbligatorie per tutto il mercato europeo.
La
lettura delle linee guida, in realtà, pare essere destinata a confortare ben
poco gli addetti ai lavori, in quanto in pressoché tutti i casi esaminati, la
Commissione si preoccupa sempre di precisare (e non potrebbe essere altrimenti)
che ai fini di un giudizio definitivo sulla corretta applicazione degli
obblighi discendenti dal regolamento 2018/775 occorre una valutazione “caso per
caso”, che consideri il contenuto complessivo dell’etichetta e che viene
comunque rimessa all’apprezzamento delle autorità competenti degli stati
membri.
In
altre parole, le linee guida non sono altro per gli operatori del settore che
un generico e alquanto timido parere professionale di una sorta di
“super-consulente che ben poco tranquillizza e molti dubbi ulteriori fa
sorgere.
Ben
poca chiarezza giunge dalla Commissione quanto alla corretta identificazione
dell’ingrediente primario. Anzi, in certi casi, come il quesito riguardante
l’ingrediente primario che sia anche ingrediente composto, il documento rischia
di ingenerare ancor più dubbi in chi vi cerchi una “guida”.
Ben più utili e chiarificatori risultano invece i punti conclusivi in merito alle modalità di presentazione dell’indicazione dell’origine/provenienza dell’ingrediente primario, con riferimento, in particolare, al divieto di combinazione di diversi livelli geografici, alla possibilità di aggiungere volontariamente ulteriori informazioni oltre a quelle stabilite espressamente dal regolamento e all’obbligo di ripetere l’indicazione quante volte sia ripetuta quella sull’origine del prodotto. I prossimi mesi si confermano, pertanto, per tutti gli operatori coinvolti densi di aspettative e dubbi, rammentando, tra le poche certezze, che i prodotti già etichettati potranno essere commercializzati fino ad esaurimento scorte e che dal 1° aprile 2020 decadranno in Italia gli obblighi derivanti dai cc.dd. “decreti origine” grano, riso, latte e pomodoro.