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Introduzione e risvolti storici

La canapa o Cannabis sativa può essere usata e trasformata per la produzione di alcuni beni vendibili sul mercato in molti settori, dato che la concentrazione di THC che possiede (0.2%) non sono rilevanti ai fini legali. Il maggiore produttore mondiale a partire dal 1930, era la Russi (58% della produzione annua globale), seguita immediatamente dall’Italia è (14%) con una esportazione di quasi 47.000 tonnellate, raggiungendo il 57% della produzione. L’interesse per la pianta derivava per la possibilità di ottenere fibre tessili d buona qualità, attività iniziata in Italia nel 1900 e devoluta all’esporto commerciale. Fino agli anni ’70, la coltivazione di canapa in Italia era rilevante nel contesto di produzione internazionale, ma la legge 685/1975 l’ha resa illegale in tutto il territorio. Dal 2000 la Commissione Europea ha regolamentato il contenuto di THC nelle infiorescenze per poterne permettere la coltivazione ai fini legali (regolamenti CE 1673/2000 e CE 73/2009).

In Italia, i semi di canapa vengono considerati mangiabili dalla Circolare del Ministero della Salute 22/05/2009. Il successivo D.Lgs. 2144/2015 ha disposto la coltivazione della filiera agroindustriale della canapa per il campo dei cosmetici, dei biocarburanti, dell’ingegneria e la produzione di mangimi animali, nonché di alimenti devoluti al consumo umano. L’applicazione del Regolamento Comunitario sulla coltivazione della canapa industriale ha un preciso riferimento normativo (Legge 242/2016), in vigore da gennaio 2017, che ha tra le sue finalità: “Sostegno e promozione del settore della canapa (Cannabis sativa L. ) come coltura in grado di ridurre l’impatto ambientale in agricoltura, riducendo il consumo di suolo e la desertificazione e la perdita di biodiversità, e come coltura da utilizzare come possibile sostituto delle colture eccedentarie e come coltura a rotazione.” 

Potere nutrizionale

I semi di canapa possono conferire ai prodotti con cui si fabbricano in buon apporto nutrizionale. L’80% dei semi di canapa sono stati tradizionalmente devoluti al settore dei mangimi animali. La loro composizione media è di 27% di carboidrati, 25% di proteine, 36% di grassi, notevoli quantità di fibre, vitamine e sali minerali. Le sue proteine sono complete, contengono tutti gli aminoacidi essenziali, superate per quantità solo dalla soia, che ne fa un alimento ad alto valore biologico pari a quello dei legumi. La sostanziale quota di grassi comprende acidi grassi insaturi del tipo omega-3 ed omega-6, come alfa-linoleico, alfa-linolenico e gamma-linolenico, che sono utili al funzionamento dell’apparato endocrino, nervoso e muscolare. Sono presenti anche fosfolipidi o lecitine che entrano nella costituzione delle membrane cellulare, ed in particolare per quelle nervose. 

Dai semi il prodotto di più diretto utilizzo è la farina, ottenuta per pressatura e successiva macinazione a freddo. E’ un prodotto che generalmente fa parte del settore dell’agricoltura biologica, il che implica l’assenza di conservanti, la conservazione sotto vuoto e una shelf-life inferiore ad una settimana. Nel processo produttivo in prodotti come pasta e prodotti da forno, la farnia di canapa viene aggiunta fino ad un massimo del 20% del totale. Lo scopo è quello di aumentare il valore nutritivo del prodotto finito (più ricco di proteine) ed impoverirlo parzialmente di carboidrati. Infatti, il pane di farina di canapa contiene quasi il 17% di amido in meno rispetto al pane tradizionale. Per contro, l’89% delle calorie fornite dal pane di frumento regolare proviene proprio dai suoi amidi. Infatti, confrontata con la classica farina 00, essa presenta circa il 21% di calorie in meno, con il 49% dell’energia proveniente dalle sue proteine. 

Altri componenti nutrizionali utili nella farina di canapa sono i minerali: il contenuto di magnesio e potassio della farina sono soddisfacenti, come anche di certi oligoelementi. Il suo contenuto di ferro e zinco, rispettivamente, sono di 14 e 7mg per 100 grammi di prodotto. Oltre alla carenza di ferro, anche quella di zinco è un problema medico spesso sottovalutato e che sta alla base di problemi come dermatiti, infertilità, insulino-resistenza nel diabete e deficits organici negli anziani. L’olio, oltre ai grassi insaturi e ai fosfolipidi contiene anche una piccola quantità di beta-carotene (il precursore della vitamina A) e fitosteroli che possono aiutare nella gestione dell’assorbimento del colesterolo alimentare.

Campi potenziali di applicazione alimentare

Nel 2021 un team di ricercatori dell’Università di Lublin ha prodotto una tipologia di pasta a base di grano duro, contenente varie quantità di farina di canapa (dal 5 al 40%). Il prodotto è stato analizzato, assaggiato da consumatori volontari con un buon indice di gradimento e dichiarato con elevata quota proteica (media 25%) e di fibre naturali (20%). Ecco perché, in accordo agli standard europei, è stato definito un prodotto iperproteico e ad alto tenore di fibre. Un potenziale campo di applicazione per prodotti simili può essere la fascia medica di soggetti affetti da sindromi da malassorbimento e malnutrizione, come i pazienti sarcopenici, con malattie infiammatorie intestinali, patologie tumorali ed altro ancora. Il campo geriatrico sarebbe sicuramente il primo bersaglio, considerato l’enorme onere sanitario che la geriatria e le sue patologie hanno sui costi pubblici.

La naturale assenza di proteine del glutine di frumento (gliadine, glutenine), inoltre, ne farebbe un potenziale ausilio nella formulazione di prodotti da forno gluten-free dedicati a chi soffre di celiachia o di varie forme di intolleranza al glutine. Da alcuni anni sono iniziati esperimenti sulle farine di canapa, condotti principalmente da gruppi italiani, da aggiungere alle paste acide per la preparazione di prodotti da forno e panificati dedicati. Un problema è tuttavia il costo unitario non propriamente economico: esso oscilla dai 6 ai 14 euro al Kg; ecco perché viene preferibilmente usata per formulare prodotti alimentari di nicchia. Il problema dei costi unitari della farina potrebbe essere abbattuto in modo significativo solo implementando le aree coltivabili per una maggiore produzione unitaria. Solo così sarà possibile diffondere l’uso della farina di canapa sempre più per scopi alimentari oltre che mangimistici.

Problemi connessi all’ambiente e di implementazione

Ci sono studi al riguardo, sulle possibili modalità di implementazione dei processi. Ad esempio, la canapa rispetto ad altre colture da fibra, come il cotone e il lino che hanno un ciclo di crescita più lungo, produce rispettivamente circa 8 e 3 volte più biomassa. Inoltre, recenti ricerche agronomiche hanno dimostrato che la canapa può avere un effetto benefico anche sulla riduzione dei gas serra in agricoltura, attraverso i meccanismi che ne regolano la nutrizione azotata. Di recente, infatti, è stato dimostrato che la coltivazione della canapa ha un migliore sviluppo vegetativo e una migliore qualità del seme, se si utilizzano i fertilizzanti a lenta cessione come l’urea rispetto a fertilizzanti sintetici come il nitrato di ammonio. Il nitrato di ammonio rispetto all’urea, durante la maggior parte del ciclo vegetativo della canapa, favorisce una maggiore emissione di gas serra in atmosfera come il protossido di azoto, che da solo rappresenta il 7% delle emissioni totali italiane (Rapporto IPCC/2018).

Per questi due effetti combinati, vale a dire il sequestro della CO2 atmosferica nella propria biomassa e le minori emissioni di N2O nell’atmosfera dovute all’uso favorevole di fertilizzanti azotati a lenta cessione, la canapa può essere ragionevolmente considerata una coltura rispettosa del clima, vale a dire per combattere il cambiamento climatico. Infine, la canapa ha effetti positivi anche sul contenimento della perdita di biodiversità, che dipende dal fatto che, grazie alla forte emissione di essenze terpeniche dalle sue infiorescenze, la canapa attira gli insetti impollinatori. Una recentissima ricerca del 2020 condotta negli USA ha evidenziato che la canapa, grazie al suo ciclo di fioritura che avviene in un momento diverso rispetto ad altre specie ed anche all’abbondante polline prodotto, ha favorito la nutrizione di varie specie di api, aumentandone la biodiversità.

a cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica e del Dr. Danilo Ciciulla, Tecnologo alimentare e Auditor

Se desideri approfondire o conoscere altri tematiche del dott. Cormaci, visita il sito medicomunicare.it

Bibliografia di riferimento
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Legge 242/2016. Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa. (16G00258) (GU Serie Generale n.304 del 30–12–2016)
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